Approfondimento – Percorso Raccontami

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Tra Sette e Ottocento

Il marchese Filippo Antonio Asinari, nato nel 1767, fu probabilmente l’esponente più importante di tutta la storia del casato sia come statista, sia come mecenate e promotore delle arti.
Intraprese inizialmente la carriera militare , come da consuetudine per i maschi della famiglia. Alla morte del nonno Filippo Valentino I, ereditò il titolo di marchese. Durante i turbolenti anni della guerra contro la Francia rivoluzionaria e della successiva occupazione del Piemonte egli assunse incarichi politici e diplomatici d’importanza crescente. Aiutante di campo di Vittorio Amedeo III di Savoia, partecipò alle trattative che portarono alla firma dell’armistizio con la Francia nel 1796. Fu poi inviato del re Carlo Emanuele IV come ambasciatore del Regno di Sardegna presso Napoleone Bonaparte, Primo Console. Non riuscì tuttavia ad impedire l’annessione del territorio piemontese alla Francia nel 1802, evento in seguito al quale decise di ritirarsi a vita privata. Ma nel 1807 l’imperatore Bonaparte, avendo in precedenza apprezzato le doti politiche dell’Asinari, lo nominò consigliere di Stato. Filippo Antonio si trasferì così a Parigi, dove ebbe modo di distinguersi negli affari di politica estera: ben presto fu inviato a Berlino, in qualità di ambasciatore e ministro plenipotenziario dell’Impero, e portò a compimento l’alleanza tra lo Stato prussiano e la Francia. Al momento della disfatta dell’impero napoleonico, le potenze alleate nominarono l’Asinari reggente temporaneo del Regno di Sardegna, nell’attesa del ritorno in Piemonte di Vittorio Emanuele I. Anche il sovrano sabaudo decise di affidarsi all’esperienza del marchese in campo diplomatico e giunse a designarlo come ministro plenipotenziario del regno al Congresso di Vienna del 1814-15. Dopo il 1821 il marchese si ritirò progressivamente dalla vita politica, dedicandosi alla promozione e allo sviluppo delle arti, in virtù della carica ottenuta di “presidente” della Reale Accademia di Belle Arti di Torino. Fu inoltre nominato da Carlo Felice gran ciambellano, riconoscimento che lo portò a sovrintendere ai lavori eseguiti a Palazzo Reale, e a nominare gli artisti di corte. Poté in questo modo vantare una conoscenza diretta e approfondita del panorama artistico a lui contemporaneo: una conoscenza che seppe dimostrare nelle scelte operate per l’ammodernamento della residenza di Costigliole. Da non dimenticare il suo interesse nella viticoltura, cui diede notevole impulso su questo territorio: egli sperimentò l’impianto, nei propri possedimenti, di vitigni alloctoni, soprattutto francesi e spagnoli, stimolando al contempo la produzione e l’esportazione dei vini locali. Si spense a Torino il 15 luglio 1828.

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